Mia piccola Lirò, ti scrivo un pò turbato al lume della candela, col cuore in apprensione.
Lirò, ti vorrei dire tante, ma tante cose, più dolci di quei confetti che ti piacciono tanto, tante cose soavi e tepide come il sangue che corre alla tua fresca bocca di melarosa e tante altre leggère come il profumo di fieno che tu prodiga versi nei tuoi fazzolettini, leggère come il sorriso tuo che mi fa sereno: cose morbide, come i tuoi cappelli fini, fini più delle vene che ti battono le tempie e molto traspariscono, azzurre e un poco verdi, per la tua candida pelle diafana e velutata.
Lirò, ti vorrei dire tante cose, ma semplici e pure come i tuoi occhi; tante cose leggiadre come quel tuo profilo che gli altri chiamano “greco” e ch’io dico “ di Lirò ”; tante cose che l’eco già t’avrà ripetuto parlando con tua madre.
Ti vorrei bisbigliare cose tristi e dolci come gli occhi delle caprette, cose nere più delle chiome tue, più dei tuoi occhi; più bianche delle tue mani;più gradite dell’odore della menta se pian piano si schiaccia sotto le dite. Eppure io tacerò. Nulla tui saprò dire. Neppure questo: “Lirò, mia viva tenerezza, se tu per me sarai quel ch’io sarò per te, sarò quel che vorrai”
Neppure questo udrai dalla mia bocca triste. Oh no, son troppe cose; ed infine una sola, io muoio di confidarti, ma piano, perche consola assai più se si bisbiglia, e spesso non si resiste.
Io tacerò. Ma quando le cicale si bèano del loro gran concerto sugli olmi della strada, e quando tutto, intorno, è solenne come un ocèano che medita una calma, e quando tanto aggrada ascoltare le placide fanfare dei mosconi: in quell’ora in cui l’ombra dei piccoli cornicioni si spande sopra tutta la facciata della casa (sí che se un pó tu sporga dalla finestra in ombra il tuo capo corvino per vedermi arrivare, d’un tratto al sole di luglio io te lo veda affiamare): in quell’ora io giungerò per la via polverosa che balla nel solleone al canto delle cicale. E verrò trafelato per dire quella parola al tuo orecchio fresco, piano, perché consola come il fruscio delle foglie quando si sfronda un ramo. “Mia piccola Lirò, mia viva tenerezza”
Autore: Arturo Onofri (dalla Sezione Poemi del sole)
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